La pittura e lo stile di Leonardo da Vinci (1452-1519)
Leonardo Vinci è artista universale, influente nell’ingegneria, nella scultura e nell’architettura, ma è principalmente maestro nella pittura.
La sua genialità, grande attraverso i secoli, oggi viene da alcuni studiosi di storia dell’arte ancor più esaltata a danno della sua sensibilità artistica. La ragione ha la meglio sul sentimento, ovvero lo scienziato soverchia l’artista. Così non è, nonostante che il contenuto dei suoi manoscritti precorra di diversi secoli le grandi e recenti conquiste ingegneristiche.
La sua fama – non va dimenticato – è legata alle opere dell’artista e non ai frammentari ed incompiuti appunti dello scienziato inventore.
L’attività legata alla limpida razionalità dello studioso, ci dà modo di caratterizzare meglio quella dell’artista, se siamo capaci di separare il preciso e dettagliato tratto del disegno tecnico-scientifico da quello elegante ed armonioso delle sue trasfigurazioni liriche appartenenti al mondo naturale.
Leonardo si trova a Firenze già dal 1469, anno in cui inizia a frequentare la bottega di Verrocchio su raccomandazione del padre, e qui inizia ad osservare attentamente le cose del mondo reale ed in particolare il comportamento della luce, vedendo nelle variazioni di questa i cambiamenti, non soltanto delle forme, ma anche della grazia e dell’eleganza.
Nel suo “Trattato di Pittura” ricorda che quando è cattivo tempo, la luce diventa “mezza luce” e conferisce alle figure “grazia e dolcezza”. Il chiaroscuro, che fino a quel momento era servito soprattutto per ottenere effetti plastici e di luminosità, con Leonardo diventa un indispensabile strumento per creare soffici penombre, armoniose luminosità e vibranti riflessi.
Il suo chiaroscuro non è una semplice degradazione cromatica, ma uno sfumato atto ad attenuare i duri contorni delle figure ed a dare l’effetto di lontananza, arrivando a modulare il senso dello spazio rendendolo più libero e profondo, superando i limiti delle linee prospettiche. Con questa concezione Leonardo subordina alla monocromia del chiaroscuro il colore, che non giudica fondamentale per la forma ma soltanto come suo accessorio ornamentale, e d’altra parte, insieme alla figura umana, esprime la natura in piena armonia con i personaggi che raffigura dopo averli intensamente studiati nel profondo.
Le poche opere che ci lascia sono più che sufficienti a testimoniare la sua grandezza.
l’influsso di Verrocchio è ancora presente nella Madonna del garofano (Alte Pinakothek di Monaco), dove tuttavia si evidenzia un’attenuazione di quello scrupoloso formalismo appreso da Leonardo nella bottega del suo maestro: la Vergine, sontuosamente vestita ed abbigliata, mostra al Bambino il garofano che tiene nella mano sinistra, e lui, attratto da esso, cerca di afferrarlo. Il carnato di entrambe le figure, che sembrano affiorare dalla penombra dell’ambiente, è morbido, caldo e luminoso; sullo sfondo, tramite due bifore, risalta uno splendido paesaggio. La composizione risente l’influsso del fiorentino Lorenzo di Credi (1459 – 1537), un altro allievo di Verrocchio ed erede della sua bottega.
Anche nel ritratto giovanile custodito alla National Gallery di Washington, della presunta Ginevra Benci, che si stacca da un fondo boschivo rigoglioso ed assai folto, si evidenzia un affievolimento nel formalismo e nella compattezza del modellato verrocchiano. Sullo sfondo domina un ginepro, rappresentante la purezza, visto in una luce crepuscolare che si infonde delicatamente anche sul lontano fantastico paesaggio, il quale sembra trasmettere alla giovane tutta la melanconia che essa manifesta.
La piccola tavola in cui appare l’effigiata apparteneva ai principi di Liechtenstein ed era custodita, insieme a molte opere di valore, nel loro palazzo Viennese, come opera senza una sicura attribuzione quando, Waagen, nel Die Kunstdenkmaler in Wien del 1866, lanciò per primo l’ipotesi che il quadro con la giovane e sconosciuta adolescente fosse stato realizzato Leonardo da Vinci, o, con meno probabilità da Boltraffio, suo più attivo seguace.
La scena dell’Annunciazione (Uffizi, Firenze), viene da Leonardo rappresentata all’aperto in un prato fiorito, a ridosso di una villa nei pressi di Firenze.
Sullo spazioso e profondo sfondo si spalanca una nutrita e primaverile campagna, che si stacca a sua volta dal tenue cromatismo azzurrino delle alte rupi.
Tutto il contesto ha un’atmosfera di poesia; in primo piano è inserita la scena dell’Annunciazione, con l’Arcangelo dal temperamento fermo e deciso e la Vergine dal regale portamento, seduta ad ascoltare.
Il disegno delle figure è netto, ed i loro contorni non sono ancora ammorbiditi dal pregiato sfumato che caratterizzerà il grande artista. Ma qui è soprattutto la natura del paesaggio che prende la sua profonda valenza spirituale, perché Leonardo riesce a dare anima a tutto, cose e vegetazione, oltre che alle figure umane.
La composizione fu trovata nel convento di San Bartolomeo di Monteoliveto (presso Firenze) quando veniva ancora assegnata a Domenico Bigordi (meglio conosciuto come il Ghirlandaio.
Dal convento (altri studiosi di storia dell’arte invece indicano la chiesa) di San Bartolomeo la composizione venne trasferita agli Uffizi e presentata con decisione come opera di Leonardo da Vinci per volere del Liphart, e come tale catalogata con rispettiva illustrazione per la prima volta (1869).
Dalle Vite del Vasari non c’è menzione di quest’opera.
Si hanno informazioni certe circa il fatto che Leonardo usasse dell’albume nella composizione degli impasti di colore ?
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Non riesco a trovare le tecnica di pittura usata da Leonardo da vinci
Queste pagine illustrano la pittura di Leonardo intesa in senso artistico https://www.frammentiarte.it/2016/0-pittura-di-leonardo/. Per il lato puramente tecnico dovrebbe consultare “Il trattato della pittura” di Leonardo, reperibile online in pdf o in cartaceo.