Vita artistica di Ghirlandaio (Firenze, 1449 – Firenze, 11 gennaio 1494)
Pagine correlate all’artista: Il Ghirlandaio dalle Vite di Giorgio Vasari in pdf – Opere del Ghirlandaio – Elenco delle opere – Periodo artistico – Periodo artistico 2 – Filippino Lippi – Sandro Botticelli – Bibliografia.
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Affreschi nella Cappella Sassetti
Nel 1483 Domenico partecipò, insieme ad altri grandi artisti fiorentini tra cui Filippino Lippi, Pietro Perugino e Sandro Botticelli, al più ambizioso progetto decorativo impostato da Lorenzo il Magnifico: il ciclo di affreschi della villa di Spedaletto.
Il Ghirlandaio dipinse Vulcano con gli assistenti che forgiano fulmini, l’unica – a parte i ritratti – sua rappresentazione profana che, come è noto, andò completamente perduta insieme a tutto il ciclo pittorico della villa. Inoltre il Vasari ci informa come il pittore vi avesse dipinto alcuni nudi, figure assai rare nella sua opera.
I lavori che confermarono la sua celebrità furono quelli intrapresi nella Chiesa di Santa Trinita (affreschi nella Cappella Sassetti e la tavola dell’Adorazione dei pastori per l’altare della stessa cappella) ed in Santa Maria Novella (decorazione della Cappella Tornabuoni).
Gli affreschi in Santa Trinita sono rappresentati con sei storie della vita di san Francesco (Rinuncia agli averi – Stigmate di san Francesco – Prova del fuoco davanti al sultano – Esequie di san Francesco – Conferma della regola – Resurrezione del ragazzo), datate 1485, insieme a vari soggetti relativi alla profezia in ambito pagano dell’avvento di Cristo.
I tre episodi principali sono la “Conferma della regola” con San Francesco che riceve l’approvazione della Regola del suo ordine da papa Onorio III (Albano, 1150 circa – Roma, 1227), le “Esequie di San Francesco” e la “Resurrezione di un ragazzo” di casa Spini, morto cadendo da una finestra e fatto risorgere per l’intercessione dello stesso santo. In una figura del primo lavoro è stata identificata l’effige di Lorenzo de’ Medici; in un’altra, nel terzo, l’autoritratto del Ghirlandaio.
La pala dell’Adorazione dei pastori è parte integrante del ciclo pittorico della Cappella Sassetti. Quest’ultimo, come struttura di base, richiama l’impianto strutturale della Cappella Brancacci, con i vari episodi raffigurati su due piani sovrapposti e intervallati da pilastri scanalati, in cui regna una severa prospettiva.
Gli spazi e le dilatazioni, razionali e civili, si presentano spesso con squarci di vita quotidiana locale, armonizzate nei primi piani con narrazioni sacre. Le figure di personaggi contemporanei, riprese con cura nella loro eleganza e dignità, divengono le vere protagoniste di ogni singola storia.
Tra i vari influssi che vengono evidenziati in questa grande opera si possono citare le integrazioni archeologiche, la pittura fiamminga nella cura del particolare, nonché la tradizione fiorentina a partire dal periodo giottesco. Qui la vena illustrativa risulta cospicua e feconda e, anche se il pathos estremo è assolutamente mancante, vengono favoriti l’armonia lineare e l’impiego di un cromatismo con effetti luminosi e sereni, in una calma atmosfera.
Negli anni 1485-88 Domenico realizzò l’Adorazione dei Magi degli Innocenti, che per gli studiosi è una delle sue migliori opere su supporto ligneo.
Decorazione della Cappella Tornabuoni
La Cappella Tornabuoni: poco dopo aver portato a compimento l’opera in Santa Trinita all’artista venne commissionato da Giovanni Tornabuoni il rinnovo degli affreschi per la cappella di famiglia nel coro di Santa Maria Novella.
In essa, che in precedenza apparteneva alla famiglia Ricci non più in grado di finanziare manutenzioni e futuri restauri, erano presenti gli affreschi di Andrea Orcagna (XIV secolo – 1368).
Le rappresentazioni, alle quali certamente contribuirono i vari aiuti di bottega, furono portate a compimento in quattro anni, come prevedeva il contratto. Queste, aventi per soggetto la Vita di Maria e di San Giovanni Battista, sono distribuite in quattro fasce sulle tre pareti.
Gli affreschi, oltre che per il pregio pittorico, sono particolarmente importanti per il gran numero di ritratti, di alto valore storico, per via dell’identificazione dei personaggi, data la capacità del pittore nella tecnica ritrattistica.
Si conoscono almeno ventuno ritratti di componenti le famiglie Tornabuoni e Tornaquinci: nella scena dell’Angelo e Zaccaria vengono identificati Poliziano, Marsilio Ficino ed altri; in quelli della Cacciata di Gioacchino dal Tempio, Mainardi e Baldovinetti (alcuni studiosi riconoscono invece nell’ultima figura un personaggio fuori dalla committenza, il padre di Domenico, Tommaso di Currado).
La pala d’altare, attualmente non più nella Cappella Tornabuoni, fu probabilmente portata a compimento dai fratelli del Ghirlandaio, Davide e Benedetto, anch’essi pittori e suoi assistenti, non all’altezza del fratello titolare.
La vetrata fu realizzata secondo il disegno di Domenico. Come in altre composizioni, ad iniziare dagli affreschi di santa Fina, il Ghirlandaio alternò un duplice registro, assai impiegato nella sua pittura. Maestoso e solenne nella raffigurazione di scene di gruppo, raccolto e tranquillo per quelle di interni più contenuti. Il risultato finale però si presenta abbastanza discontinuo, dove nelle scene comprese nei primi piani (quelle più basse e quindi più vicine al fruitore), autografe del maestro, spiccano figure elegantissime, composizioni armoniose e bellissimi dettagli. Le scene superiori, anche quelle descritte nei primi piani, invece, sono meno vivaci con figure che si presentano con movimenti abbastanza rigidi: una rappresentazione sommaria e diversificata che lascia presupporre un vastissimo intervento della bottega. Dette discontinuità influirono, in un certo senso, in modo negativo nella valutazione dell’opera del Ghirlandaio da parte della critica, tanto che alcuni studiosi non indugiarono a ridimensionare l’artista come un importante “ritrattista” e nulla più.
Soltanto nella seconda metà del Novecento l’opera, insieme a tutta la produzione di Domenico Ghirlandaio, è stata rivalutata. La minore cura del particolare presente nelle fasce superiori è comunque equilibrata dalle vaste aperture paesaggistiche e un registro più fluido e scorrevole, con le figure appena impostate che ricordano la pittura compendiaria romana.