Niccolò Antonio, detto Colantonio (1420 circa – Napoli, dopo il 1460)
Breve biografia di Niccolò Antonio
Niccolò Antonio detto Colantonio (appellativo derivato dalla fusione dei due nomi di battesimo) probabilmente si formò attraverso Barthélemy d’Eyck (… – dopo il 1470), un miniatore fiammingo-provenzale attivo presso la corte di Renato d’Angiò.
L’artista in esame fu uno dei protagonisti della pittura napoletana del primo Quattrocento, esponente di spicco della cosiddetta “Congiuntura Nord-Sud”, ovvero la corrente di collegamento tra modi fiamminghi e quelli delle regioni del nord Italia, di cui l’epicentro era proprio nella zona partenopea.
Tra i suoi allievi si ricordano Antonello da Messina e Angiolillo Arcuccio.
A Napoli Colantonio soggiornò intorno al decennio 1440-60, vivendo sia la stagione di Renato d’Angiò (1438-1442) che quella di Alfonso V d’Aragona (salito al trono nel 1444): il primo era un amante verace della pittura fiamminga, borgognona e provenzale, come d’altronde l’altro, che con l’attaccamento alle tradizioni aragonesi, in particolare a quelle della Catalogna (anch’essa ispirata all’arte fiamminga), incoraggiava l’artista alle maniere dei pittori extraterritoriali.
Le differenze di questi due periodi contigui di influenza franco-fiamminga si evidenziano nei due riquadri dell’ancona (unici superstiti dopo lo smembramento dell’opera) realizzata da Colantonio tra il 1444 e il 1446 per la chiesa francescana di San Lorenzo Maggiore: è abbastanza chiaro che le due tavole fossero state portate a compimento in tempi diversi.
Anche nel “San Girolamo nello studio” (opera riferita intorno al 1444) il linguaggio globale ricorda quello di Barthélemy d’Eyck e degli artisti coevi presso la corte angioina, come testimoniano l’accurata resa volumetrica e spaziale, nonché l’importanza conferita ai dettagli: l’accurata composizione di “natura morta” che attornia le due figure e la resa della dilatazione prospettica.
Nella “Consegna della regola francescana” (foto in alto), riferita probabilmente al 1445, il pittore risulta già influenzato dalle novità ambientali aragonesi, con un rafforzamento di indole fiamminga, che tuttavia viene integrata da elementi della scuola iberica come il pavimento in verticale (le linee di fuga si incontrano in un orizzonte diverso da quello delle immagini che sembrano appartenere tutte ad uno stesso piano), le fisionomie, le aureole traforate dei santi, il rigido e geometrico panneggio. Il suo celebre allievo, Antonello da Messina, si occupò dell’ancona realizzando due tavolette con la raffigurazione dei Beati francescani.
Più tardi Colantonio realizzò la Deposizione per la chiesa di San Domenico Maggiore ed il Polittico di San Vincenzo Ferrer (1460) per la chiesa di San Pietro Martire.
Bibliografia
Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell’arte, volume secondo, anno 1999, Bompiani, Milano.
Jane Turner (a cura di), The Dictionary of Art. 7, anno Grove, New York (rif. alle pp. 542-544).