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La vergognosa decisione
Purtroppo negli anni Trenta dobbiamo assistere anche a cose “vergognose” nel mondo dell’Arte.
Nel 1937 il ministro per la Propaganda del regime nazista incarica il pittore Adolf Ziegler di organizzare una mostra di opere rappresentative “l’arte tedesca della decadenza”.
In seguito a questo, Hitler, estasiato dall’eco generato dalla mostra, fa allestire nella maggior parte dei musei le “camere degli orrori artistici”. Vengono così considerati “Degenerati”, artisti come quelli del Blaue Reiter, del Bauhaus, della Brücke, Kokoschka, Dix, Grosz, Beckmann, Barlach, El lissitskij …
Il Rogo delle opere
Tutto questo non basta. Nel 1939, nella piazza di Berlino, in un rogo dimostrativo, vengono distrutti innumerevoli capolavori tedeschi, tra cui anche opere di artisti come Matisse, Gauguin, Van Gogh e Munch.
Le 1500 opere salvate
Fortunatamente, anche grazie agli speculatori (raramente fanno qualcosa di buono), molte di queste opere vengono sottratte e vendute a mercanti d’Arte e musei stranieri … o conservate di nascosto nelle stesse città tedesche.
È del 3 novembre 2013 la notizia del ritrovamento di 1500 opere in un appartamento a Monaco di Baviera, pitture di grandi maestri come Matisse, Picasso, Chagall, Nolde, Kokoschka, Marc, Beckmann, Klee e molti altri.
L’epurazione si estende
Con l’insediamento del regime hitleriano, in Germania si assiste ad una programmata pulizia “etnica” anche nel mondo dell’Arte.
I musei dell’intera nazione vengono epurati da tutti i lavori dell’Arte Moderna: opere dei cubisti, espressionisti, primitivisti, astrattisti e dadaisti.
Le didascalie denigranti
Decine di migliaia di opere vengono passate al setaccio. Oltre seimila, tra le quali anche varie sculture, vengono confiscate e destinate alla distruzione ed alla vendita a musei svizzeri ed americani.
Altre ancora, sono esposte per beffa alla mostra dell’”Arte degenerata”, inaugurata da Hitler stesso nel 1937. Ognuna delle opere della triste manifestazione porta con sé una propria didascalia, naturalmente denigratoria e ad un prezzo di vendita esorbitante, molto più alto di quello pagato dai musei ai cosiddetti “speculatori ebrei”.
Obiettivo delle manifestazioni
La manifestazione artistica ha un obiettivo ben preciso, cioè di segnalare al pubblico le tematiche che la razza “superiore” non deve accettare, ovvero quelle definite come “degenerate”.
L’apertura della mostra segue di un giorno quella della “Grande rassegna d’Arte Germanica”, allestita con opere gradite ai nazisti.
Le due manifestazioni, per volontà del regime, vengono così messe a confronto diretto ma danno come risultato il successo clamoroso delle opere “degenerate”.
Infatti, vi sono lunghissime e stressanti file di attesa per entrare. Si contano, alla fine della mostra, oltre un milione e duecentomila visitatori.
Apprezzamento nel mondo della “Arte degenerata”
Detto programma diventa perciò un clamoroso boomerang per il regime dando origine, in pochi anni, alla diffusione dell’”Arte degenerata” in tutto il mondo.
Tutto questo avviene mentre il regime cerca di rivoluzionare l’intero mondo dell’arte e di assoggettarla alle sue ideologie.
I divieti agli artisti e letterati
Le nuove tematiche, corrispondenti all’ideale razzista, devono diventare le caratteristiche dominanti dell’arte nazionalsocialista. Basta infatti analizzare alcune opere di Arno Brecker per cogliere tutti gli aspetti più significativi in un deciso senso di unità razziale, nella glorificazione della potenza militare e nel culto per il corpo.
La nuova cultura, che nasce da questa micidiale combinazione, è mirata a distruggere la molteplicità artistica-culturale esistente in Germania. È fatto divieto di svolgere la propria attività artistica a moltissimi letterati, artisti e – naturalmente – a tutti gli ebrei.
I discorsi di Hitler e Göbbels
Alcuni passi del discorso di Adolf Hitler fatto nel 1935 al congresso sulla cultura.
“Sono certo che pochi anni di governo politico e sociale nazionalsocialista porteranno ricche innovazioni nel campo della produzione artistica e grandi miglioramenti nel settore rispetto ai risultati degli ultimi anni del regime giudaico.
(…) Per raggiungere tale fine, l’arte deve proclamare imponenza e bellezza e quindi rappresentare purezza e benessere. Se questa è tale, allora nessun’offerta è per essa troppo grande. E se essa tale non è, allora è peccato sprecarvi un solo marco. Perché allora essa non è un elemento di benessere, e quindi del progetto del futuro, ma un segno di degenerazione e decadenza. Ciò che si rivela il “culto del primitivo” non è espressione di un’anima naïf, ma di un futuro del tutto corrotto e malato.
(…) Chiunque ad esempio volesse giustificare i disegni o le sculture dei nostri dadaisti, cubisti, futuristi o di quei malati espressionisti, sostenendo lo stile primitivista, non capisce che il compito dell’arte non è quello di richiamare segni di degenerazione, ma quello di trasmettere benessere e bellezza. Se tale sorta di rovina artistica pretende di portare all’espressione del “primitivo” nel sentimento del popolo, allora il nostro popolo è cresciuto oltre la primitività di tali “barbari”.
Alcuni passi del discorso di Joseph Göbbels
“Dalla presa del potere ho lasciato quattro anni di tempo alla critica d’arte tedesca per orientarsi in base ai principi del nazionalsocialismo. Dato che neanche l’anno 1936 ha segnato un miglioramento in questo senso, proibisco da oggi una continuazione della critica d’arte nella forma adottata finora. Al posto della critica d’arte esistita finora da oggi viene istituito il resoconto d’arte, e il redattore d’arte al posto del critico d’arte. Il resoconto deve essere molto più una descrizione di un’interpretazione, quindi un omaggio. (…) . Esso richiede cultura, tatto, adeguato animo e rispetto per il volere artistico. (…) All’interno delle liste dei lavori della stampa tedesca la carica del redattore d’arte è legata ad un’autorizzazione particolare, la quale a sua volta è dipendente dalla dimostrazione del possesso di una sufficiente conoscenza del campo artistico all’interno del quale il redattore sarà attivo prossimamente.”
Bibliografia:
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“The Faustian Bargain: the Art World in Nazi Germany”, Petropoulos, Jonathan (2000). New York, Oxford University Press.
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“Max Beckmann: Retrospective”, Schulz-Hoffmann, Carla; Weiss, Judith C. (1984). Munich: Prestel.