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L’angelo della vita (Galleria d’Arte Moderna) di Giovanni Segantini

Giovanni Segantini: L’angelo della vita (Galleria d’Arte Moderna)

Giovanni Segantini: L'angelo della vita (Galleria d'Arte Moderna)
Giovanni Segantini: L’angelo della vita, cm. 276 x 212 Galleria d’Arte Moderna, Milano.

Sull’opera: “L’angelo della vita o la “Dea cristiana” è un dipinto autografo di Giovanni Segantini realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1894 , misura 276 x 212 cm. ed è custodito nella Galleria d’Arte Moderna di Milano.

Il quadro è firmato e datato con la scritta “G. Segantini 1894” posta in basso al centro (spostata verso destra). Si trova nella sede odierna dal 1918. Fu commissionato da Leopoldo Albini, un ricco banchiere, che lo aveva destinato per ornare il loggiato della sua ricca residenza.

Segantini lo iniziò nella Primavera del 1891 o forse prima, come si rileva da una sua lettera indirizzata a Vittore Grubicy: “In lavorazione tengo anch’io una maternità, che intitolerò: Dea madre; ricorda il Fiore (oggi “Frutto dell’amore”), ma vi è una danza di puttini”. Ma nella versione finale non c’è la presenza di alcun puttino.

Le gamme cromatiche non sono qui indirizzate agli effetti materici e diventano di una straordinaria delicatezza, con ricercatissimi accessori come l’impiego di rialzi in oro nel carnato nelle capigliature e nei vestiti.

Viene tradizionalmente considerata come la prima e più importante manifestazione del mutamento segantiniano dal “valido naturalismo” di prima al “simbolismo misticheggiante” dell’ultimo periodo (De Carli), anche se effettivamente così non è: molte volte si è equivocato sul Segantini condannandolo e/o fraintendendolo, appunto per questo aleatorio e storicamente falso trapasso dal naturalismo al simbolismo. Carlo Carrà scrisse nell’Ambrosiano del 12/08/1935 (Revisioni critiche: Giovanni Segantini) di “deviazioni” dove “il simbolismo non è stato assorbito dalla visione”; mentre il Barbantini, colui che probabilmente ha capito meglio la pittura del Segantini, criticava in modo spietato l'”Angelo della Vita”, insieme a tutte “larve e poesie” che si succedono: “Dall’angelo della vita che è del ’94 si intende che il simbolismo oramai è di casa, se il tronco di prima (riferendosi al Frutto dell’amore) si è trasfigurato in una fantasmagoria, eccessivamente argenteo e diramato, prezioso, barocco e finto. Dannunziano. La schiettezza della natura concisa che sa quello che fa, è spacciata”. Ma occorre ribadire che nel Segantini dell’ultimo periodo il simbolismo ed il naturalismo si integrano a vicenda non costituendo due polarità contrastanti; in più, sempre in questo periodo prevale un intonazione allegorica anche nelle composizioni che a prima vista appaiono naturalistiche, come nelle grandi ‘sinfonie alpine’.

L’opera fu esposta nel 1894  a Milano con il n. 52 (?),  a Roma al Comitato Centrale Anno Santo, all’Esposizione Internazionale Arte Sacra con il n° 12; nel 1926 a Venezia. Nel 1935 a Parigi nel Musée des Écoles étrangères contemporaines, e a L’art italien de XIX et XX siecles. Nel 1956 a San Gallo con il n. 89; nel 1958 ad Arco; nel 1964 a Monaco alla Secession, Haus der Kunst, Europàische Kunst um die Jahrhun-dertwende con il n° 506; nel 1970 a Milano.

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