Beato Angelico: Gli Affreschi della Cappella Niccolina in Vaticano
Sull’opera: Gli “Affreschi della Cappella Niccolina in Vaticano” sono una serie di dipinti di Beato Angelico, realizzati con tecnica a affresco su muro nel 1447-50.
Quando Niccolò V fu eletto papa, commissionò all’Angelico la decorazione di un modesto spazio all’interno di una torre duecentesca dei palazzi vaticani, che aveva poco prima trasformato in cappella per uso privato. Il locale era già stato fatto decorare da Niccolò III, ma per ordine del nuovo pontefice quelle decorazioni vennero distrutte per dare posto alle nuove raffigurazioni (fonte: Redig de Campos, Catalogo della mostra, 1955).
La Cappella fu dedicata ai santi Stefano martire e Lorenzo martire, e gli episodi raffigurati dall’artista sulle pareti narrano momenti della loro vita, tratti dagli “Atti degli apostoli”. Le composizioni si svolgono su due superfici – superiore ed inferiore – delimitate da una sporgenza del muro: quella alta è dedicata a Santo Stefano, l’altra, a san Lorenzo. Le narrazioni raffigurate vengono snodate rispettando un esatto parallelismo che comprende tre pareti; la quarta parete, corrispondente a quella di fondo, è priva di affreschi ed occupata da un altare (certamente non più quello originale in cui era dipinta una Deposizione dell’Angelico, come si ricava da “Le Vite del Vasari“, ed. 1550). La decorazione pittorica continua con immagini di Dottori della Chiesa, sulle lesene che delimitano le composizioni parietali, e dai quattro Evangelisti raffigurati nelle vele del soffitto.
Gli sguanci delle due finestre quattrocentesche recano una decorazione – secondo Mario Salmi (1958) riferibile alla scuola dell’Angelico – riportata alla luce durante i restauri eseguiti nel 1913, costituita alternativamente da rosoni, teste di Cristo, profeti e patriarchi. Gli affreschi della Cappella, che vennero portati a termine intorno al 1450, vengono menzionati sin dalle antiche fonti (Leon Battista Alberti nella “Descrittione di tutta Italia” del 1550, e dal Vasari).
Per quanto riguarda l’autografia, questa viene universalmente riconosciuta all’artista, pur convergendo nell’ammissione di possibili interventi di Benozzo Gozzoli (Firenze, 1421 – Pistoia, 1497), soprattutto nella stesura delle storie di Santo Stefano. Resta comunque certo che l’ideazione, sia quella relativa all’impostazione che all’esecuzione, è frutto di Beato Angelico.
L’Argan definisce felicemente “opere latine” le composizioni della Cappella Niccolina, come una congiunzione tra il pensiero religioso e quello umanistico nell’arte pittorica quattrocentesca.
La cappella ha subìto, nell’arco dei secoli, diversi danneggiamenti seguiti da rifacimenti, talvolta anche inopportuni. Si è dovuto arrivare al 1947, quando importanti restauri – protratti per circa quattro anni – hanno rimosso queste ridipinture, facendo ritornare alla luce i motivi originali con tendaggi damascati, variati sotto ogni scomparto con lo stemma di Niccolò V al centro.
Il restauro del 1947-51 ha messo in evidenza diversi dati relativi alla tecnica impiegata dall’artista: non vi è traccia che faccia pensare al trasporto del preventivo “disegno su cartone” all’intonaco, e, per di più, è affiorata una sommaria sinopia color seppia che testimonia una tecnica d’affresco decisa e scorrevole, con successivi apporti rifinitivi a tempera (Catalogo della mostra, 1955, da Redig de Campos, “Rendiconti della pontificia Accademia di Archeologia”, 1950).
Le opere