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Le immagini sacre, raffigurate nelle basiliche e nelle catacombe di Roma durante il Cinquecento e gran parte del Seicento, vengono ormai realizzate e disposte quasi sempre in prospettiva, ma mantengono spesso un andamento largo ed assai sostenuto che evidenzia la ricerca di una marcata luminosità atta ad esaltarne il senso plastico, rimanendo, in questo senso, legate ai modi classici.
Una testimonianza di questo è il magnifico affresco nella chiesa di Santa Maria Antiqua, realizzato forse nel Cinquecento, raffigurante la Madre dei Maccabei ed i figli. Ma c’è nello stesso periodo una tendenza che si contrappone ai modi classicheggianti ed allo studio del rilievo, contornando marcatamente le forme ormai irrigidite sulle quali vengono distesi colori in superficie che le rendono piatte.
Anche l’arte del mosaico segue le stesse strade. Le opere musive realizzate nel periodo di Felice IV (tra il 526 ed il 530) nell’abside della basilica dei Santi Cosmo e Damiano, sono ambientate, in una scena di teofania (dal greco theophàneia, theos + phàneia = manifestazione divina), nel Paradiso, dove i Santi papa Felice e Teodoro sono ripresi tra due palme sulla riva del Giordano, collocati su piani diversi per aumentare l’effetto profondità.
Al centro primeggia maestosamente la figura del Cristo librato in un cielo azzurro con una profondità accentuata dalle numerose piccole nubi viste in lontananza e collocate su più piani. Una figura imponente, due grandi occhi ben aperti, uno sguardo fermo e deciso, una folta barba alla maniera orientale e capelli lunghi che corrono dietro le spalle. Sotto sono raffigurate dodici pecore che simboleggiano i dodici Apostoli.
In quest’opera c’è tutta l’arte romana con tutta la sua atmosfera di monumentalità e di senso plastico, nonostante quella tendenza all’astrazione bizantina che quasi sempre si trova nelle opere pittoriche dello stesso periodo.
A tale prodotto artistico possiamo affiancare, come importanza, il mosaico dell’Arco Trionfale di San Lorenzo Sotto le Mura (Roma), ma in esso si affievoliscono le peculiarità sopra descritte. Il Cristo benedicente è seduto su un globo azzurro ed è contornato dai Santi, tra cui papa Gelasio recante il modello della Chiesa. Le figure risultano appiattite con contorni netti e ben marcati, collocate sullo stesso piano in un fondo dorato, mentre ai lati, in basso, stanno le città gemmate di Betlemme e Gerusalemme.
Nel mosaico absidale di Sant’Agnese domina un cromatismo di fondo dorato in cui sono immerse tre figure molto allungate che rappresentano le ombre di un’umanità assorta ed astratta. Qui Sant’Agnese, dal carnato di un candido pallore e ripresa frontalmente, ha una corona in testa ed indossa un vestito gemmato con vistosi pendagli. Ai suoi lati stanno i due papi Simmarco ed Onorio. L’opera è stata portata a termine nel 638.
Tra le opere musive di questo periodo, alcune rappresentano figure di Santi, ripresi isolatamente, con prospettive rigorosamente frontali e con un cromatismo in superficie che le rende appiattite, come quelle che decorano l’Oratorio di San Venanzio (Battistero Lateranense) realizzate tra il 640 ed il 642, nel periodo di papa Giovanni IV.
Altri mosaici vengono eseguiti tra il 705 ed il 707, con la stessa tecnica e lo stesso linguaggio nell’Oratorio di Giovanni VII presso la Basilica Vaticana (fondata dall’Imperatore Costantino e sulla quale, tra il 1506 ed il 1626 sorgerà quella che attualmente conosciamo). Di questi mosaici rimangono soltanto alcuni frammenti, tra i quali vi è la raffigurazione della scena l’Adorazione dei Magi (in Santa Maria in Cosmedin) dove domina una valenza di bidimensionalità ed un rigidissimo linearismo. Gli altri frammenti rappresentano una Vergine (San Marco, Firenze) di prospetto ed in preghiera come una martire paleocristiana, ma abbondantemente decorata da sembrare una regina.
Il cromatismo leggero e delicato è indice di quella raffinatezza propria dell’arte romana ispirata da Bisanzio, soprattutto nei frammenti del mosaico di Santa Maria di Cosmedin, meno rovinato. Altra testimonianza, che conferma questa raffinatezza romano-bizantina, possiamo trovarla negli affreschi realizzati nello stesso periodo in Santa Maria Antiqua come la Crocefissione, dove il Cristo, con ai lati la Vergine e S. Giovanni Evangelista, indossa un colobium (tunica particolare indossata normalmente dai primi sacerdoti) alla siriana, che mantiene in un certo qual modo la solidità formale e la monumentalità delle opere realizzate nel periodo antecedente, come dimostrazione che le maniere e le tradizioni romane non si esauriscono del tutto.
L’arte pittorica di questo particolare periodo è alquanto varia sia nel linguaggio che nella qualità, ma è globalmente indirizzata verso uno schema che vede nelle figure atteggiamenti fissi: le immagini, inserite in uno spazio in cui persistono costanti accenni simbolici, appaiono come rapite e trasognate. Figure idealizzate fino all’immaginario si sostituiscono a quelle concrete dei periodi precedenti, in ottimo accordo con una visione mistica che vuole creare il mondo dell’aldilà, oscuro ed indecifrabile, con la magia del cromatismo steso in superficie, in una nobile valenza decorativa.