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La scultura nell’età barocca

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Barocco e Rococò

Rococò: La scultura, la decorazione e i frescanti

La scultura, la decorazione e i frescanti: il linguaggio rococò acquista una maggiore importanza quando viene applicato alle progressioni scultoree che guarniscono gli edifici a carattere religioso.

In Italia il cantiere del duomo di Milano prosegue incessantemente nella realizzazione di statue di marmo che rappresentano successioni di figure, specialmente sulle fiancate esterne dell’edificio e al vertice, tra le guglie. Spiccano, nell’intenso convergere di molti grandi artisti, le opere della Scuola di Viggiù, in modo particolare di Elia Buzzi: tutte con caratteristiche stile rococò molto simili a quelle delle scuole di gran parte del centro Europa.

Molto differente invece, è il linguaggio della produzione artistica di Giacomo Serpotta (Palermo, 10/03/1652?.6? – 1732), di formazione romana (quasi certa), rappresentante estroverso di un decorativismo scultoreo che egli realizza soprattutto con l’impiego dello stucco. Nei suoi complessi figurati, soprattutto quello nell’oratorio di Santa Zita a Palermo, una memoria di torniture classiche si unisce a una eleganza di stesura e a perfette capigliature nel modellato che costituiscono il segno del Rococò.

La forte personalità di Serpotta supera largamente quella degli scultori siciliani del suo periodo. Sua è la statua equestre di Carlo II di Borbone, come pure gli stucchi interni nell’Oratorio di San Fidelio (1678) e di molti edifici religiosi di Palermo. Tra le sue più importanti opere si ricordano le decorazioni della chiesa di San Francesco d’Assisi e dell’oratorio di S. Cita del Rosario a S. Domenico. 

L’impiego dello stucco anche nella scultura statuaria di importanti dimensioni è la caratteristica di alcune scuole ed appartiene a quella manualità disinvolta e pittoresca specifica dello stile barocchetto.

È in tal senso esemplare modellatore di figure in stucco Diego Carlone (Scaria, 1674-1750), uno dei maggiori interpreti di quella generazione di pittori e scultori, di origine lombarda, che durante il Settecento è attiva in numerose corti europee, soprattutto in Germania. Scultore ed architetto, il Carlone, prima della sua formazione Barocco-romana, fa il suo apprendistato nella bottega d’arte paterna. Crea per la chiesa abbaziale di Einsiedln undici statue per il fastigio della Cappella delle Grazie (andato in seguito distrutto), i rilievi degli altari del presbiterio, le decorazioni per gli altari della navata ed altri stucchi all’ingresso del presbiterio.

Le intense attività delle botteghe di natura familiare caratterizzano l’operosità nel campo della scultura e della decorazione degli artisti italiani, in modo particolare quella del settentrione, rispettando una lunga tradizione che ha origine già dal Medioevo.

Non bisogna dimenticare Bernardo e Francesco Maria Schiaffino di Genova, Jacopo ed il figlio Andrea (Belluno1660 – 1732) Brustolon di Venezia, esperti soprattutto nella scultura e negli intagli del legno. Lavorano prevalentemente per famiglie patrizie e per gli ordini religiosi. La famiglia dei  Fantoni di Bergamo, che fa capo ad Andrea (1659-1734), è anch’essa specializzata nella scultura del legno. Andrea si forma alla scuola di Pietro Ramus ma subisce le influenze della cultura dell’Italia settentrionale. La sua grande famiglia continuerà a mantenere viva l’arte della scultura con nipoti e pronipoti.

Tra gli scultori del centro Europa, gli austro-tedeschi sono gli esponenti di spicco del Barocchetto, e risultano essere i più scatenati ed esuberanti (testimonianze rimangono delle soluzioni escogitate dall’architetto Johann Michael Fischer, 1683-1752, per l’abbazia benedettina di Ottobeuren); è da prendere in considerazione anche la scuola boema, e in ogni caso gli artisti che convergono a Praga in un periodo di grande animazione operativa. Mattia Bernardo Braun (Tirolo 1684 – 1738), di formazione austriaca, realizza moltissime opere religiose. Il linguaggio artistico, in equilibrio con l’universale clima barocchetto dell’Europa erudita, si contraddistingue per un’emozione espressiva del tutto particolare, dimostrando come l’eleganza rococò non sia in contrasto, quando si presenta, con accenti patetici od angosciosi.

Nella chiesa di San Gallo, a Praga, sono custodite le opere di Ferdinando Massimiliano Brokof (1688 – 1731), tutte in legno: il suo stile è più composto e plasticamente tornito rispetto a quello di Braun, ma il suo linguaggio espressivo ha toni di palese carattere settecentesco, al di là dell’oratoria barocca.

LA DECORAZIONE

Lo stucco ed il legno, come è noto, sono le materie più largamente diffuse nella scultura, soprattutto negli ornamenti e nella decorazione. In questa ultima, il linguaggio rococò è riscontrabile soprattutto nelle realizzazioni i cui temi si ispirano a elementi naturali come le rocce, gli uccelli, i fiori, molte volte trasformandoli in semplice creatività e sono rappresentate con linee fluide e continue: è questo l’elemento distintivo che separa nettamente lo stile rococò da quello barocco, dove i fattori ornamentali conservano un’impronta di specularità.

Il più alto e raffinato esponente del Rococò nel campo della decorazione è Francois de Cuvilliès (1695 – 1768), fiammingo di origine e francese di formazione artistico-intellettuale. Nel 1725 si sposta a Monaco, come architetto di corte presso l’elettore di Baviera. Artista ingegnoso e capace di governare con garbo le composizioni monumentali, dà però il meglio della sua creatività nella brillante e dinamica progettazione degli interni, splendenti di dorature e di specchi, ma soprattutto incantevoli per la graziosità leggera degli ornati, dove impiega, come materiali soprattutto la lacca e  lo stucco. Suo è il padiglione Amalienburg fatto costruire dal re Carlo al Palazzo Reale di Schloss Nymphenburg.

I FAMOSI  FRESCANTI

I luoghi di rappresentanza vanno via via sempre più caratterizzandosi grazie all’empito decorativo. In questo contesto, hanno una funzione di fondamentale importanza gli affreschi, che sempre più si incrementano su quasi tutti gli spazi parietali dei fabbricati e soprattutto nelle volte. I maestri dell’affresco si organizzano in cantieri, dove generalmente i compiti sono i più svariati: il capo cantiere è quasi sempre un artista in arti figurative appoggiato dal tecnico della quadratura, cioè dal pittore delle false architetture che compongono la cornice e anche dall’esperto in raffigurazioni floreali.

Questi cantieri girano in tutta l’Europa, presso tutte le corti, con piena attività prevalentemente in estate, ma anche per alcuni mesi di autunno e primavera. Un caso significativo è quello di Carlo Innocenzo Carlone (1686 – 1775), appartenente alla famiglia d’artisti già menzionati nelle precedenti pagine che, già attivissimo in Italia con le serie  di affreschi realizzati nel duomo di Asti, nel duomo di Monza, negli edifici di Brescia, di Como e di Bergamo, si sposta anche  in molti Paesi europei: Germania, Polonia, Svizzera e  Austria, dove soggiorna per molti anni decorando edifici e chiese. Testimonianze importanti del suo passaggio sono il castello Augusteo di Bruhi, il castello di Ludwigsburg e il castello del Belvedere a Vienna, con straordinari temi a sfondo mitologico, oltre ad un’immagine allegorica glorificante il principe Eugenio.

Il linguaggio di Carlone è senza dubbio puramente rococò non soltanto per lo sviluppo del disegno, attraversato da dinamici turbamenti, ma anche per le gamme cromatiche tendenti al rosato, scevre da marcati contrasti di “chiaro scuro”. Il Carlone, anche nelle sue numerosissime opere da cavalletto usa lo stesso linguaggio espressivo influenzando in maniera marcata molti pittori tedeschi e soprattutto austriaci; costoro già si ispiravano di solito ai modelli di area veneta. Un linguaggio artistico ormai diventato di comune interesse collega l’Italia agli altri Paesi europei con importanti artisti come Johann Michael Rottmayr (1654-1730), Cosmas Damian Asam (1686-1739), Franz Anton Maulbertsch (1724-96) e altri. Il più grande esponente del periodo è certamente Giambattista Tiepolo (1696-1770), per le sue peculiarità espressive, per lo spirito creativo e per la decisa  padronanza della tecnica.

Frammenti d’arte:

Giusto le Court fonda una scuola che avrà lunghissima vita. Famosissimo è il suo gruppo della Vergine con putto e l’implorazione di Venezia contro la peste.

  Francesco Schiaffino riecheggia G. L. Bernini nel suo “Ratto di Prosperina” del Palazzo Reale di Genova.

  Camillo Mazza (1602-1672) allievo di Algardi è attivo a Bologna insieme al figlio Giuseppe (1653-1741). Lavora prevalentemente nel campo della terracotta.

  Andrea Brustolon che si forma sotto la guida di Parodi ostenta grande bravura ma assenza di gusto nell’intaglio del legno.

Paolo Callaro, Antonio Tarsa Giovanni Bonazza e Paolo Groppelli appartengono alla schiera dei Veneti.

  Antonio Corradini, discepolo del Tarsia è un intagliatore del legno. Il suo virtusismo  nella sua “Pudicizia” è molto apprezzato, soprattutto in Austria.

Antonio Gai col figlio Giovanni Maria portano a compimento la decorazione della loggetta del campanile con rilievi marmorei ed il cancello in bronzo (1735-1737).

Giovanni Marchiori (1696-1778) scolpisce le dodici Sibille del coro degli Scalzi, di grande eleganza, grazia e snellezza.

Gian Maria Morlaiter (Pusteria, 1699-1781) realizza decorazioni in diverse chiese veneziane.

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