Hieronymus Bosch: Trittico del fieno – Il carro del fieno
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Sull’opera: “Il carro del fieno” è un dipinto autografo di Bosch, appartenente alla serie del “Trittico del fieno” – parte centrale – realizzato con tecnica a olio su tavola nel 1502-04, misura 135 x 100 cm. ed è custodito nel Museo del Prado a Madrid.
La composizione, rappresentata nello scomparto centrale, è quella che reca la firma dell’artista – in basso a destra – scritta per esteso a caratteri gotici: “Jheronimus bosch”.
Il carro, che simboleggia uno fra i più importanti beni terreni, è collocato esattamente al centro del dipinto. A proposito dell’ubicazione di quest’ultimo, il Tolnay – nel 1965 – evoca le strutture iconografiche dei trionfi italiani.
Sempre secondo lo studioso, il carro pare avanzare autonomamente, risaltato da una sconfinata paesistica olandese sullo sfondo, che indica il diretto spirito d’osservazione dell’artista. Osservando attentamente il quadro ci accorgiamo invece che a tirare il carro verso destra con l’immenso carico – in direzione dell’inferno, rappresentato nell’anta di destra – sono esseri orrendi con teste d’animali, che lo stesso Tolnay (1965) avvicina a quelle raffigurate in scene sataniche con processioni. Sempre in riferimento agli esseri mostruosi, il Combe (1946 – 1957), riferendosi alle silografìe del Quattrocento con le metamorfosi dei compagni d’Ulisse, pensa alla rappresentazione d’una trasformazione ormai in atto nel Bosch; il Sigùenca nel 1605 vi riconobbe i simboli di più peccati.
Un turbinio sfrenato di gente d’ogni ceto si muove intorno al carro in marcia per accompagnarlo, rischiando ogni genere di strazio – come il venire schiacciati dalle le ruote – pur di conquistare pochi frammenti di fieno. Dietro il carro (sulla sinistra) stanno i personaggi più potenti della terra – papa, imperatore e re – alla guida del corteggio, mentre monache e preti si guardano bene a non porsi dietro alla gente comune, come imposto dalla polemica pre-riformistica di quel tempo contro la corruzione del mondo clericale, ispirata dai religiosi e dai “Fratelli della Vita Comune”. Tale movimento, che prediligeva il culto della Madonna e che, tra l’altro, si occupava di opere di beneficenza, influì molto sul cambiamento del Bosch. Sul carro si trovano i peccatori appartenenti ad entrambi i sessi – simboleggianti la lussuria – spiati da una civetta – simbolo di eresia o cecità – istigati da un diavolo con la coda di pavone – simbolo di vanità – nell’atto di suonare una tromba ottenuta dalla trasfigurazione del suo stesso naso (fonte: Combe, mentre per il Sigùenca è solo la tromba della gloria mondana). Dietro al gruppo, dal boschetto, appare la brocca del Diavolo (il Combe la riferisce alla tradizione popolare che vedeva il “Demonio” saltare fuori da una brocca nel sabba delle streghe). Sempre in relazione al gruppo sul carro, all’estrema sinistra si trova un angelo orante in ginocchio con lo sguardo diretto verso il Cristo sulla nube, che rappresenta la giusta contrapposizione al diavolo.
In basso, in primo piano, viene raffigurata una breve casistica dei peccati terreni, mentre – al centro – si sta consumando la scena di un assassinio (secondo il Baldass – 1969 – ripresa dal Bruegel nell’incisione dell’Ira).
Nell’elencare le varie scene – da sinistra a destra – possiamo osservare le malvagie arti di due zingare (fonte: Baldass, 1943) alle quali si avvicina una donna per per farsi leggere la mano, gli inganni d’un imbroglione, la misteriosa incitazione d’una monaca a un suonatore di cornamusa, un opulento monaco raffigurato come accanito bevitore.
Le fonti che hanno ispirato il Bosch nella tematica della composizione in esame sono interpretate dagli studiosi nella maniera più svariata. Fra tutte, quella del Tolnay (1937 e 1965) appare tra le più interessanti: un’illustrazione basata sul vecchio proverbio delle Fiandre che vede il mondo come un carro di fieno, dove ognuno arraffa tutto quello che può raggiungere (detto originale: “il mondo è come un carro di fieno, ciascuno ne arraffa quello che può”).
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