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BOSCH, GRECO, SANSOVINO, PALLADIO E SANMICHELI
BOSCH: 1450-1516. Nasce a Hertogenbosch, nel Brabante del nord, dove vive probabilmente per tutto l’arco della sua vita. Hieronymus Bosch coltiva ampie conoscenze magiche, alchemiche e mistiche. La fitta e fantastica simbologia delle sue opere, espressa con assoluta originalità iconografica, lo avvicina alla cultura allegorica del Medioevo.
I suoi soggetti illustrano generalmente proverbi popolari, tentazioni dei santi, episodi biblici e giudizi divini. In essi vi sono fantastiche creature, diavoli mostruosi, alambicchi e assurde invenzioni che le animano, poche volte impegnate su soggetti religiosi tradizionali.
Alla complessità dell’immaginazione, in queste iconografie, fa riscontro una straordinaria raffinatezza pittorica. Il dettaglio è sempre rilevato con grande precisione grafica e cromatica, la composizione è studiata in ogni piccolo particolare, le atmosfere vivono di prodigiose trasparenze. Il moralismo che emerge dai racconti di Bosch si trova così stemperato in una cordiale e ironica partecipazione, in un insieme al quale si sono attribuiti via via molti e diversi esoterici significati.
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Domenikos Theotokòpulos detto El Greco (Candia 1541-Toledo 1614), già artista pittore formatosi nell’isola nativa, è a Venezia nel 1567, lavora con il vecchio Tiziano e aspira in particolare ad avvicinarsi al Tintoretto. Dopo il viaggio a Roma verso il 1575 si trasferisce a Madrid richiamato dal grande cantiere della reggia-monastero di San Lorenzo all’Escorial. Rimane poi definitivamente in Spagna. La sua maniera patetica, i valori luministici, la novità talora scomposta dei suoi impianti, lo spiritualismo, ma anche la sapienza fastosa dei suoi colori, lo fanno uno dei grandi talenti isolati nel passaggio dal Manierismo al Barocco.
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SANSOVINO, PALLADIO E SANMICHELI
Il percorso del Rinascimento veneto nel campo dell’architettura, conosce il suo esordio classico con uno scultore-architetto nato a Firenze e cresciuto a Roma: Jacopo Sansovino (1486-1570).
Jacopo inizia il suo apprendistato nella bottega d’arte di Andrea Colucci detto il Sansovino, dal quale erediterà l’appellativo, e lo segue nei suoi viaggi, tra i quali l’immancabile percorso verso Roma (1506).
Dopo le prime esperienze avviate sulla laguna veneta da Mauro Codussi (ca. 1440-1504) con importanti architetture come il San Zaccaria, Sansovino introduce con determinazione il classicismo dando alla piazza medioevale di San Marco gli aspetti di un foro romano. Lo stile architettonico delle Procuratie Vecchie (edifici dove alloggiano i Procuratori che sono distinti dalle Procuratie Nuove sull’altra ala), della loggia del campanile (1537-1540 dove scolpisce anche i rilievi, le nicchie e le statue) e della Libreria (1546) si pronuncia con abbondante senso plastico e coinvolgenti contrasti di chiaro-scuro. Altre opere realizzare nella città lagunare sono nell’interno di S. Maria della Misericordia, il Palazzo Corner sul Canal grande, la Zecca, la chiesa di S. Francesco alla vigna, la chiesa di San Martino, la scala d’oro del Palazzo Ducale e la Tribuna del Duomo.
Nell’entroterra tra Padova e Vicenza si forma intanto il giovane Andrea di Pietro della Gondola detto il Palladio (1508-80). A soli tredici anni inizia il suo apprendistato lavorando come scalpellino nella sua città natale e più tardi si recherà a Vicenza.
Gli incontri con gli umanisti Trissino, Barbaro e il Comaro gli consentono di conseguire un’educazione di stampo classico, ricca di ideali comuni, il cui punto di riferimento è la perfetta conoscenza di Vitruvio (Marco Vitruvio Pollone architetto latino, ca. 80/70 – 23 a.C.). Palladio riesce così ad andare oltre le formalità e il linguaggio accademico di un tedioso gusto dell’antico, sapendo invece di saper legittimare le scelte del proprio operato, prevalentemente anticlassico, puntando sull’indipendente validità dell’architettura, dove la storia e l’attualità coabitano in un costante spirito di ricerca.
Con questi principi e convinzioni partecipa alla gara per i lavori di ristrutturazione del palazzo della Ragione (da lui stesso definito “basilica”) di Vicenza, punto nevralgico dell’aristocrazia cittadina: con determinazione nella composizione e copiosità di dettaglio, Palladio propone un nuovo concetto di spazio dove il disegno e la ritmica del complesso vengono valorizzati dalla solida plasticità figurativa e dal chiaroscuro. Peculiarità principe di Palladio è l’eccezionale capacità di adeguare la propria creatività alle più svariate necessità di rappresentanza e alle circostanze ambientali.
Dopo il triste evento del Sacco di Roma (1527) ritorna a Verona Michele Sanmicheli (1484-1559 di Verona) per lavorare alle monumentali porte di ingresso della città, Porta Palio e Porta Nuova, e ai lavori di trasformazione delle fortificazioni con il sistema a bastioni. Al servizio di Venezia soprattutto come architetto militare, irradia in tutto il Veneto e nella Dalmazia, la dottrina del Rinascimento romano.