Carpaccio: Il sogno della santa
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Sull’opera: “Il sogno della santa” è un dipinto autografo di Carpaccio, appartenente al “Ciclo di sant’Orsola”, realizzato con tecnica a olio su tela nel 1495, misura 274 x 267 cm. ed è custodito nell’Accademia di Venezia.
L’opera in esame è firmata e datata nel cartellino ubicato in basso a destra del Gagnolo, dove appaiono due scritte: “VICTOR. CARP. F. MCCCCLXXXXV”, e “CORTESI VSR. 1752”. Pare che la prima, quella riferita all’artista, sia apocrifa perché ripassata da un restauratore settecentesco, mentre la seconda si riferisce certamente all’esecutore del restauro.
Mentre Orsola sta dormendo nella propria camera, l’angelo le appare in sogno con la palma del martirio annunziandole la propria fine. Sul guanciale della principessa si legge la parola “INFANTIA”.
Una luce mattutina colpisce numerosi oggetti della stanza tra i quali si evidenziano, in modo particolare, un piccolo tavolo su cui sta un libro aperto, una clessidra ed un calamaio. Una corona sul pianale del letto, ai piedi dello stesso; un’ancoretta con la candela; due piccole statue in stile classicheggiante nelle sovrapporte, e l’acquasantiera a destra del letto; nello spazio di ognuna delle due finestre contigue (o finestra bifora), una pianta di garofani ed una di mirto, simboli del matrimonio e dell’amore.
Il telero subì molti danni e fu sottoposto a diverse ridipinture e sconvolgenti verniciature, a causa delle quali oggi si presenta alquanto alterato.
Come sopra accennato, la firma e la data sono considerate “apocrife” dagli studiosi di storia dell’arte e, certamente, ripassate dall’esecutore del restauro settecentesco, che vi scrisse anche il proprio nome seguito dalla nuova data, 1752.
Inoltre, paragonando le proporzioni ed i contenuti con la copia incisa da G. Del Pian (1785), il telero in esame appare ridotto su almeno tre lati.
Esiste un interessantissimo disegno preparatorio, custodito agli Uffizi di Firenze con diverse varianti tra le quali si evidenzia quella delle due finestre contigue nella parete frontale (fonte: Muraro, 1966).