Il Manierismo in sintesi.
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Il Tardo-Rinascimento
Nei primi decenni del XVI secolo l’Italia è vittima di una brutta crisi politica, iniziata sin dal 1494 con l’invasione di Carlo VIII e il suo devastante epilogo sarà inevitabile.
Frammenti:
Premessa: il nostro territorio diventa un vero e proprio campo di battaglia e di conquista per le grandi potenze del continente europeo: cadono le autonomie cittadine, tramontano le autonomie dinastiche e vengono meno per sempre gli obiettivi egemonici della Repubblica di Venezia e dello Stato Pontificio. A questi si deve aggiungere la riforma protestante che comporta la grande scissione dalla Chiesa romana e il “Sacco di Roma” del 1527 con il suo drammatico sviluppo. Insieme a tutto questo si ferma l’arte e la cultura.
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Parlare di Manierismo e non dargli la sua vera collocazione, cioè quella in riferimento al quadro politico e sociale dell’Italia di quegli anni, significa rinunciare alla sua vera chiave di interpretazione, privilegiata e suggestiva allo stesso tempo: il linguaggio figurativo subisce con sollecitudine il dramma del periodo, con artisti sensibili alle preoccupazioni ed alle contraddizioni sociali contemporanee. Basta leggere le loro biografie per rendersi conto dell’irrequietezza della loro indole.
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Gli esponenti di questa corrente appaiono molto spesso come soggetti eccentrici, dall’animo alquanto irrequieto, talvolta depressi e scontrosi, altre volte stravaganti e spesso introversi: Michelangelo, ad esempio, trascorre la sua lunga vita angosciato dal dramma religioso, dalla responsabilità politica e dalle tensioni intellettuali; Rustici e Parmigianino sono promotori di una cultura esoterica ed alchemica; il Pontormo appare spesso ipocondriaco e misantropo; il Cellini spesso eccentrico e stravagante. L’elenco potrebbe continuare.
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Risulta alquanto evidente che l’arte pittorica di questo particolare periodo, si sia orientata verso l’estraniazione intellettualistica dal mondo del reale, con mezzi insoliti fino a questo momento: l’artificio, il “difficile”, il “diverso”, fino a superare, molto spesso, gli invalicabili dati naturali. La rappresentazione si manifesta simbolicamente e la trasfigurazione lancia messaggi metaforici.
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Il Manierismo, per gli stessi artisti e teorici del periodo, non vuole essere assolutamente il rifiuto del linguaggio rinascimentale, ma anzi la trasposizione delle sue forme in un contesto sempre più affrancato dalla natura e sempre più legato all’immagine interiore; quella stessa immagine spesso vagheggiata da Michelangelo.
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I primi grandi personaggi sono fiorentini. A Firenze, già dal secondo decennio, si attesta l’arte del Pontormo e del Rosso Fiorentino, entrambi eccentrici e tormentati, che si rendono interpreti della tradizione fiorentina con l’iper-disegno e l’iper-anatomia.
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Nello stesso periodo fiorisce in Emilia la pittura del Parmigianino, considerato da alcune fonti, il più originale intellettuale del Manierismo.
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A Siena prendono forza le eleganti pitture del Beccafumi.
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A Roma la pittura manieristica tocca livelli di massima portata con Michelangelo e gli allievi della scuola raffaelliana (Perin del Vaga, Polidoro e Giulio Romano). Proprio da Roma si irradia la nuova “Maniera” che colpirà tutto il continente occidentale europeo. Questa pittura diventa così il linguaggio dominante in Europa.
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Il linguaggio manieristico si declina in numerose varianti nelle varie nazioni europee.