Beato Angelico: Il Giudizio Universale (Museo di San Marco)
Sull’opera: “Il Giudizio Universale” è un dipinto di Beato Angelico, realizzato con la parziale collaborazione di altri artisti nel 1432-35, impiegando la tecnica a tempera su tavola; misura 105 x 210 ed è custodito nel Museo di San Marco a Firenze.
Il dipinto fu commissionato all’Angelico intorno al 1431 per la decorazione della parte alta del seggio sacerdotale, dove venivano cantate le messe (Orlandi 1964).
Viene citato dalle antiche fonti, tra cui l’Albertini nel suo “Memoriale di molte statue et picture” (1510), come ubicato nella chiesa camaldolese (congregazione monastica cattolica fondata tra il 1024 e il 1025 da san Romualdo) di Santa Maria degli Angeli a Firenze.
Il Vasari, in entrambe le edizioni de “Le Vite” (1550 e 1568) lo descrive dettagliatamente.
Il giudizio degli studiosi di Storia dell’arte attraverso i secoli è sempre stato positivo, avendo toccato il culmine nell’Ottocento che probabilmente lo aveva sopravvaluto.
Nel secolo scorso l’opera subì un ridimensionamento ad iniziare dal Berenson (1909) che respingeva addirittura l’autografia di tutta la zona di destra (quella che comprende i dannati).
Van Marle (1928) si spingeva oltre, assegnando la stesura a Zanobi Strozzi (1412 – 1468) e lasciando all’Angelico la sola ideazione. La stessa ipotesi venne poco più tardi avanzata da Pope-Hennessy. Anche nel catalogo del Berti (1955) apparivano le stesse ipotesi. Nella seconda metà del secolo, però, ci fu un deciso ripensamento.
Nel 1955, a cura della Sovrintendenza fiorentina, l’opera venne sottoposta ad un accurato restauro da Gaetano Lo Vullo. In seguito ad un attento studio, la composizione risultò avere tutte le caratteristiche necessarie alla conferma dell’autografia dell’Angelico (fonte: Mario Salmi, 1958), ma non solo: finalmente ottenne la meritata rivalutazione, venendo considerata come una delle mete più alte raggiunte dal maestro nel periodo immediatamente a ridosso del 1430. Tuttavia viene riconosciuta, dalla critica ufficiale, la partecipazione – seppur in parti secondarie – di altri artisti.