La pittura gotica e la scuola romana (2)
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La scuola romana
Torriti
Un altro significativo artista del mosaico, il romano Filippo Rusuti, realizza un “Cristo Benedicente fra gli angeli” nella facciata della basilica di Santa Maria Maggiore (una delle quattro basiliche patriarcali di Roma).
Siamo tra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo, cioè nel periodo in cui viene rifatto, nella stessa chiesa, il mosaico dell’abside con la rappresentazione della “Incoronazione di Maria” ad opera del Torriti.
Il “Cristo Benedicente” è affiancato da altre composizioni con coloristica più elevata che, insieme a queste, allude alla miracolosa fondazione della basilica, dalle quali si evidenzia la maniera del Cavallini.
Rusuti – Cavallini
Il Rusuti, da un documento che riporta in modo non perfettamente leggibile il suo nome, risulta trovarsi nel 1308 a Potiers (Francia), insieme a suo figlio Giovanni ed al collaboratore romano Nicola de Marzi, per la decorazione del palazzo di Filippo il Bello.
Questa è la testimonianza della grande vitalità della scuola romana, della quale il Cavallini è il rappresentante della parte migliore, con le sue vaste composizioni di grande respiro, con le figure concretate nel loro senso plastico e rivestite con gradevoli finezze cromatiche proprie dell’arte tardo-bizantina aulica, quella cioè che più si avvicina all’elegante gusto ellenistico.
Completa di questi caratteri, l’arte del Cavallini si presenta con tutta la sua bellezza nei rivestimenti musivi della basilica di Santa Maria in Trastevere (1291).
Alcune di queste opere – Dormitio Virgins, Natività della Vergine, del Bambino – seguono per iconografia il gusto bizantino, mentre altre hanno come caratteristica principale una più semplificata forza narrativa (Presentazione al Tempio, Adorazione dei Magi, Annunciazione). Il modellato di Pietro Cavallini conferisce alle forme un buon grado di compattezza ed un ottimo grado di vigore plastico, valorizzato soprattutto dall’armonia del cromatismo ben graduato nel chiaroscuro con gradevoli effetti di luminosità.
Il cavallini raggiunge una maggior forza di rilievo nella decorazione con gli affreschi nella basilica di Santa Cecilia in Trastevere, in un frammentario Giudizio Finale che ha le stesse caratteristiche di quello nella chiesa di Santa Maria di Vescovio.
Nell’immagine contemplativa del Cristo Giudice (particolare del Giudizio finale) si rileva un sentimento classico, tranquillo e solenne, come nelle antiche tradizioni, mentre le immagini degli apostoli che gli sono vicini vengono drappeggiate alla maniera di antichi filosofi.
In questo ciclo del Cavallini viene riassunto un lungo periodo comprendente più tradizioni, ma per il suo alto sentimento morale unito all’altrettanto esplicito linguaggio, fa rivivere nella Roma cristiana il sentimento della Roma imperiale.
Tuttavia l’arte di Pietro Cavallini si affievolisce intorno al 1308 negli affreschi della chiesa di Santa Maria Donna Regina a Napoli, dove vengono raffigurate scene di Profeti, la cui forza coloristica si allontana da quella delle esperienze romane in Santa Maria e Santa Cecilia a Trastevere.
Questo affievolimento nella coloristica, ma soprattutto nella potenza figurativa del Cavallini, si evidenzia soprattutto nelle scene evangeliche.
Di questo ne risentiranno anche i suoi seguaci che continueranno nell’ormai logorata micrografia, che verrà letteralmente sopraffatta dalla grande scuola giottesca e da quella senese.
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