Citazioni e critica a Sandro Botticelli (citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli Editore)
Quello che ha detto la critica ufficiale della Storia dell’arte di Sandro Botticelli
Citazioni e critica a Sandro Botticelli
Lettera a Ludovico il Moro di un agente in Firenze, 1485
Sandro di Botticelle, pletore excellent[issi]mo in tavola e in muro : le cose sue hanno aria virile e sono cum optima ragione et integra proportione. Philippino di frate Philippi, optimo discepolo del sopra dicto et figliuoi del più singolare maestro dei tempi suoi le sue cose hano aria più dolce, [ma] non credo che habiano tanta arte …
Luca Pacioli, Summa de arithmetica, geometria, proportioni et proportionalità, 1498
… [il Bellini, il Botticelli, Filippino Lippi, il Ghirlandaio, il Perugino, il Mantegna e Melozzo da Forlì] sempre con livella e circino le opere proportionando a perfectione mirabile conducano. In modo che non humane ma divine negli occhi nostri s’apresentano. E a tutte lor figure solo el spirito par che manchi.
Malatesti, Lettera a Isabella d’Este, 1502
… Alexandro Botechiella, molto m’è stato laudato e per …… Optimo depintore …
U. Verini De Illustratione urbis Florentiae, 1503
……. per quanto riguarda le conseguenze dell’indagine; che, dalla penetrante scoperta dell’intimo travaglio manifestato dal Botticelli pur sotto le cerebrali raffinatezze, in breve si passò pronubi alcuni letterati del Decadentismo, come il Péladan (Le vice supreme, 1884) e il Mirbeau (Orphelins, in Buveurs d’àmes, 1889) — all’inaccettabile immagine del ‘primitivo’ trasognato e sospirante, nevrotico, morboso; quale avrebbe insospettito la critica positivistica, allarmandola per una pretesa assenza di virilità [Muntz] e inducendone l’ala più accademica a scambiare le finissime stilizzazioni botticelliane per approssimazione disegnativa, carenza prospettica, gracilità coloristica (si veda, ancora, il Mesnil [1938]). Quanto poi le interpretazioni dei decadenti abbiano sviato certa critica, ancorandola ad aspetti esteriori delle opere botticelliane, è rivelato a usura dalle pagine — esse pure così recenti — di A. Venturi. E nondimeno nasce allora la grande popolarità, ormai definita, del maestro.
Spettò al Berenson — pur fra le remore della “dolente… Altrettanto son rapidi di mano e celebri in pittura i fratelli Ghirlandaio. Ne è considerato inferiore a Zeusi il nostro Sandro, pur se quello ingannò perfino gli uccelli dipingendo l’uva. Ne va lode minore ai fratelli Pollaiolo …
G. Vasari, Le Vite, 1568
Quello non sarà universale che non ama egualmente tutte le cose che si contengono nella pittura; come se uno non gli piace i paesi, esso stima quelli esser cosa di breve e semplice investigazione, come disse il nostro Botticella, che tale studio era vano, perché col solo gettare una spugna piena di diversi colori in un muro, essa lascia in esso muro una macchia, dove SÌ Vede Un bei paese. ^^ ^ vinci, Trattato della pittura, 1505 e meitò dunque Sandro gran lode in tutte le pitture che fece, nelle quali volle mettere diligenza e farle con amore; …
F. Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno, 1681
… aveva altresì un cervello così stravagante ed inquieto, che in nessuna cosa trovava fermezza … benissimo pittore.
P. A. Orlandi Abecedaria pittorico, 1753
Cervello stravagante e bizzarro, che da Filippo Lippi riportò tutti i necessari documenti per la pittura, sicché gran maestro comparve
M. Lastri, L Etruria pittrice, 1791
Disegnò Sandro con tanta maestria e gusto … Fu bensì vivace e vago nel colorire, adornando con molte e ben disposte
figure le sue pitture di storia, e mostrando in tal guisa di non essere agli altri del suo tempo inferiore nell’invenzione. Il lumeggiar d’oro a mordente le figure era ancora in uso in quell’età, e Sandro intra gli altri vi riuscì con molta franchezza non lasciando di far ciò di qualunque colore fossero quelle vestite. Fu grazioso molto nell’atteggiar le figure piccole, che ei trattò con molta considerazione.
Luigi Antonio Lanzi, Storia pittorica della Italia, 1795-96
… rinomato in quel tempo e cognito tuttavia nelle quadrerie per molte pitture in picciole figure, dove talora si confonderebbe col Mantegna, se nelle teste fosse più vago. Ne resta pur qualche tavola, non però che si paragoni a ciò che fece nella Sistina. In essa appena si raffigura il Sandro di Firenze. La Tentazione di Cristo ornata di sì gran Tempio con tanto numero d’offerenti nell’atrio; Mosè che aiuta contro i pastori madianiti le figlie di Jetro con sì bello sfoggio di vesti colorite sì novamente; altri fatti espressi con vivacità e con bizzarria, fan qui parere che egli di gran” lunga mano avanzi se stesso. Questo medesimo si osserva in altri: tanto potè in loro la competenza, la vita di una città solita a ingrandir le idee, il giudizio di un pubblico che si appaga appena del buono perché ha l’occhio avvezzo al maraviglioso.
Ferdinando Ranelli Storia delle belle arti in Italia, 1845
… parmi potersi dire che al Ghirlandaio rimase addietro il Botticelli nella vivacità e bellezza del colorito, il quale egli ebbe generalmente smorto ed uniforme, e nella nobiltà e grandezza de’ vestiarì e de’ componimenti, dove Sandro, con quel suo ingegno sommamente ghiribizzoso …, si mostrò qualche volta strano e confuso.
Walter Horatio Pater, Studies in the History of the Renaissance, 1873
… il carattere precipuo di Botticelli è il risultato del fondersi di una simpatia per l’umanità nella sua incerta condizione, nel suo fascino e nella sua assunzione in più rari momenti ad un carattere di amorevolezza e di energia, con la consapevolezza ch’egli aveva d’un’ombra che scende sovr’essa dalle grandi cose dalle quali è separata; e che questo introduce nella sua opera qualcosa di più di quanto la pittura usualmente rinette della vera costituzione dell’umanità. Egli dipinse la^ storia della divinità del piacere in altri episodi oltre quello della sua nascita dal mare, ma non mai senza qualche ombra di morte nelle carni grigiastre e nei fiori pallidi: e le Madonne ch’egli dipinge s’accasciano al peso del fanciullo divino e implorano con voce toccante e sommessa per una più calda e profonda umanità.
J. Ruskin, Mornings in Florence, 1877
Ebbene, sì, ne convengo: il Botticelli è manierato, come lo erano tutti gli uomini di quel secolo. Molto eufemismo, molta studiata grazia nelle pose, molta ostentata erudiziene, mista a grande slancio di fantasia; ed egli ama intrecciare le dita delle mani come Correggio, ma non mai, come Correggio, senza un motivo.
Georges Lafenestres, La peinture italienne, 1885
A volte profondamente commosso dalla gravita tenera delle leggende religiose, a volte deliziosamente incantato dalla grazia elegante delle favole pagane, mescolò spesso, con grazia sottile, i due sentimenti, dando alle sue figure sacre l’attrattiva sorridente delle creazioni antiche, conservando alle sue nudità profane le castità intenerite delle apparizioni cristiane …
Le sue opere di gioventù sono d’un praticante già esperto che si ricollega a Lippi per l’abbondanza, al Castagno per la precisione, al Pollaiolo per la decisione, al Verrocchio per la nobiltà, ma che, prendendo da tutti le migliori qualità, impresse già a tutte le sue concezioni un particolare carattere di distinzione melanconica e di gravita sognatrice. … Godette … sino alla sua fine della stima e del rispetto che si addicono ad un nobile talento e ad una grande anima; ma quando si spense, nel 1510, paralitico e inabile, più nulla restava in lui della vivacità fertile e gioiosa che l’aveva reso tanto popolare.
Joseph Archer Crowe, “Gazette des Beaux-Arts”, 1886
II Botticelli fu un uomo dall’immaginazione fervida, e mai essa gli venne meno quando tentò i problemi più ardui della pittura. I suoi mezzi, è pur vero, non furono sempre all’altezza dei suoi desideri, ma le sue audacie abituali lo posero sin dal principio in una situazione eccezionale, ciò che può spiegare come abbia potuto esser ritenuto per un buon momento superiore allo stesso Domenico Ghirlandaio. Si vede ancora nella-chiesa d’Ognissanti a Firenze un Sant’Agostino del Botticelli, a contrasto del San Gerolamo che Ghirlandaio vi eseguì nel 1480: il Botticelli si dimostra qui superiore al suo contemporaneo, pur se si vede che è meno valido.
Bernard Berenson, The Italian Painters of the Renaissance, 1896
In genere il tema e la rappresentazione stessa erano talmente estranei al Botticelli, che lo si direbbe ossessionato soltanto dall’idea di comunicare valori incorporei di tocco e movimento. Esiste infatti un modo per esprimere i valori plastici, quasi al di fuori d’ogni riferimento materiale : consiste nel tradurli quanto più fedelmente possibile in valori di movimento. Così, per esprimere il girare d’un polso, senza il minimo ausilio del chiaroscuro, basterà rendere il movimento della linea del polso medesimo e quello della veste che si adagia sopra; e la plasticità del polso risulterà espressa, appunto, quasi solo in termini di movimento … Prendiamo … le linee che esprimono il palpito della chioma, lo svolare dei panni o la danza delle onde, nella Nascita di Venere : prendiamo queste linee per se stesse, in tutta la loro forza di eccitare il nostro senso del movimento; e che cosa abbiamo?
Puri valori di movimento, astratti, svincolati dal rapporto con qualsiasi rappresentazione. Tale genere di linee, costituendo la quintessenza del movimento, possiede — come gli elementi essenziali di ogni arte — la facoltà di eccitare la nostra immaginazione, direttamente comunicando la vita. Immaginiamo un’arte tutta quanta formata di codeste quintessenze del movimento: si avrà qualcosa che, rispetto alla rappresentazione della forma, presenta l’identico rapporto intercorrente fra musica e linguaggio. Quest’arte esiste e si chiama decorazione lineare. Nell’ambito di essa il Botticelli può aver avuto rivali in Giappone o altrove nell’Oriente; in Europa, no. E, alle esigenze di quest’arte, era pronto a sacrificare tutto quanto le consuetudini stilistiche trasmessegli da fra’ Filippo Lippi e dal Pollaiolo, e il gusto dei committenti gli consentivano di sacrificare. Per lui, l’elemento rappresentativo era come il libretto di un’opera …
Heinrich Wölfflin, Die classische Kunst, 1899
II Botticelli è stato discepolo di fra’ Filippo, ma questo lo si può avvertire soltanto nelle primissime opere. Erano due temperamenti del tutto diversi: il frate, col suo riso aperto e la continua, bonaria compiacenza delle cose di questo mondo; il Botticelli, invece, tormentato, ardente, sempre intimamente eccitato, un artista a cui la superficie pittorica diceva assai poco, che si esprime in linee violente e riesce a dare sempre alle sue teste pienezza di carattere e di espressione … Egli prende sul serio la storia sacra e, con gli anni, questa serietà aumenta, facendogli abbandonare ogni compiacenza nella figura esteriore. La sua bellezza ha qualcosa di struggente, e anche quando sorride è soltanto un balenio fugace. Quanto poca allegria è nella danza delle Grazie nella Primavera e quali corpi sono questi! …
L’eleganza si sfoga nella raffigurazione delle erbe e dei fiori sulla terra, delle stoffe trasparenti, arrivando a toccare il fantastico. Ma non era nel temperamento del Botticelli il trattenersi a contemplare troppo un particolare. Anche nel nudo si stanca presto del particolare troppo preciso, e cerca di conseguire una raffigurazione più semplice mediante i tratti più ampi. Che fosse un disegnatore straordinario lo ammette persino il Vasari, nonostante la formazione michelangiolesca: la sua linea è sempre viva e piena di carattere, ha qualcosa di frettoloso. Nella presentazione di un movimento veloce è incomparabilmente efficace : gli viene fatto persino di dar movimento a grandi masse, e quando dispone unitamente il quadro intorno a un punto centrale, nasce qualcosa di specificamente nuovo, di decisiva importanza per il futuro.