Citazioni e critica su Antonello da Messina dal 1562 al 1940 (Citazioni tratte dai “Classici dell’Arte”, Rizzoli)
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Quello che ha detto la critica ufficiale della Storia dell’arte di Antonello da Messina
F. Maurolico, Compendio di storia siciliana, 1562.
Antonello da Messina … faceva vere le immagini delle cose e quasi vive quelle degli animali. Per il suo mirabile ingegno quest’uomo visse alquanti anni a Venezia a spese dell’erario. Fu celeberrimo anche a Milano.
Giorgio Vasari, Le vite, 1568
… Antonello da Messina, persona di buono e desto ingegno ed accorto molto, e pratico nel suo mestiere … se n’andò a Vinezia, dove … fece molti quadri a olio, secondo che in Fiandra aveva imparato, che sono sparsi per le case de’ gentiluomini di quella città; i quali per la novità di quel lavoro vi furono stimati assai … [La Pala di San Cassiano] per la novità di quel colorire e per la bellezza delle figure, avendole fatte con buon disegno, fu commendata molto e tenuta in pregio grandissimo.
Marco Boschini, Carta del navegar pitoresco, 1660.
Diria che d’Antonelo da Messina Ghè una Madona con un libro avanti, Che de sto mondo i studi tuti quanti Nò i ghà certo una cosa cusì fina.
Filippo Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno, 1681
… Antonello da Messina, persona di bello spirito, e che nel dipignere valeva assai. Costui meravigliandosi del bei modo di colorire, lasciando ogn’altro suo affare, se ne passò in Fiandra, ne rifinì giammai con presenti e con altri modi cortesi da obbligarsi gli uomini, finché non fece dimestichezza con Giovanni da Bruggia, e da lui/ne apparò la maniera del dipignere a olio : col qual segreto ritornato in Italia, si mise a dimorare in Vinegia, dove fece molti quadri a olio, secondoché in Fiandra avea appreso, i quali per lo nuovo modo di dipignere furono in quel tempo molto belli tenuti : ed avendo gran fama acquistata, ultimamente fece una tavola che fu posta in S. Casciano, parrocchia di quella città : e mentre visse fu Antonello molto stimato per aver condotto così raro segreto in Italia : il quale da lui insegnato a molti altri, si è andato pian piano ampliando, ed oggi si vede ridotto in somma perfezione.
Luigi Antonio Lanzi, Storia pittorica della Italia, 1792
In varie quadrerie venete si conservano quadri di Antonello e sono di un gusto il più diligente e di un pennello il più fine. Le forme dei volti, benché vive, non sono guari italiane, ne punto scelte; e il colore stesso è meno forte di alcuni veneti di quel secolo che ne portarono la perfezione al più alto segno.
Jakob Philipp Hackert, Memorie de’ pittori messinesi, 1792
… dipinse varie tavole, e specialmente Madonnine, genere in cui era eccellente … Le sue opere si confondono con quelle de’ migliori maestri del suo tempo.
Gioacchino Di Marzo, Delle belle arti in Sicilia, 1862
II merito di Antonello da Messina non solamente consiste Dell’aver migliorato la condizione della moderna pittura, propagando il perfezionamento del metodo di dipingere a olio, ma pur nell’essere stato uno dei più valorosi italiani pittori del quattrocento. Sovrano pregio di lui è teneramente commuovere, sia che nei vari soggetti che rappresenta prevalga la severità alla dolcezza, il magnifico al patetico, il dolore alla soavità, ovvero che per tranquillità degli affetti quasi tacitamente si annunzino i più intimi e più dolci sensi dell’anima. Su tanta varietà di espressione egli è sempre eccellente maestro, e da a vedere quanto alto e fecondo fosse il suo ingegno … Nelle sue dipinture quasi obliò tutte le ricordanze dell’arte bizantina, che monche e adulterate erano sino ai suoi tempi rimaste nelle arti figurative; e solo alla propria invenzione die campo. Ne di proprio piacimento egli mai s’indusse a ripetere quelle azioni, che sin dall’infanzia dell’arte avevano ereditato i suoi maggiori, e quasi tipicamente per lunga età ripetevano. Ma invece studiò sempre ed ottenne di unir con tale accordo ed armonia le varie parti del soggetto, in guisa che meglio venisse a formar corpo tra loro, e più evidentemente esprimessero il pensiero vagheggiato nella sua mente.
Joseph Archer Crowe – Giovanni Battista Cavalcaselle, A History of Painting in North Italy, 1876 (ediz. tedesca)
… abbiamo in Antonello una interna assimilazione dei principi artistici di Piero della Francesca e del Mantegna, che erano diventati bene comune degli artisti più vicini a quei maestri e li ponevano perciò in grado di produrre cose affini. La interpretazione realistica che noi, proprio per la sua provenienza, poniamo a base della formazione di Antonello, è presente anche qui [nel San Sebastiano di Dresda], ma in una forma maturata e purificata dalla visione delle opere veneziane : perciò la prospettiva lineare, trattata con la più grande esattezza, vi è raddolcita dalla collaborazione dell’atmosfera, come soltanto ad Antonello poteva riuscire.
… proprio nel Sebastiano di Dresda appare più chiaramente che mai il suo doppio rapporto con i veneziani contemporanei, ai quali egli per primo aveva portato la nuova tecnica pittorica e dai quali per converso ora apprendeva per la verità della resa prospèttica e degli accordi di colore come per la grazia fluente delle linee. Ma Antonello rimane un realista in tutte le sue fasi e il suo sapere d’arte è più fondato che non sia quello del tenero Bellini, senza che per questo s’induca ad espressioni aspre come quelle del Carpaccio.
Bernard Berenson, The Italian Painters of the Renaissance, 1896
Solitario, impassibile, impersonale, questo artista ci ricorda, come illustratore, Piero della Francesca. Ha un senso dello spazio; e nella sua unica superstite pittura di gran superficie, il San Sebastiano di Dresda, ha un’architettura prestante, maestosa. Ma i suoi valori tattili non sono comparabili con quelli d’un Piero della Francesca o d’un Cézanne; ne forse superano quelli di Giambellino.
Lionello Venturi, Le origini della pittura veneziana, 1906
Un ritratto di Antonello è la rivelazione di una vita più intensa della nostra. A tale esito giunge con uno studio attento e profondo della tecnica pittorica. La bianchezza e il rosato delle carni hanno sempre una freddezza speciale, che li rende consistenti e forti. In questa espressione delle carni è forse l’indizio più chiaro del classicismo di Antonello, il quale forse non è mai stato un verista. Egli non ha studiato la pelle, non è mai stato oggettivo ; i suoi ritratti sono troppo vincolati da unica forza di carattere, per pensare che l’anima da essi rivelata fosse propria al committente : era di Antonello, uguale, profonda, serena. Ciò dunque che comunemente si prende per verismo, non è altro che forza di carattere espressa dalla forma del contorno e delle ombre che delineano i piani, ottengono rilievo. Un gioco di colori insomma era per lui verismo, e in questo consiste il suo pregio particolare, o almeno la sua originalità e anche il suo valore tecnico. La migliore limpidezza di colori vieppiù gli permetteva la purezza nei lineamenti, a malgrado della crudezza nei passaggi di tinte e nei piani facciali …
Antonello, più di quasi tutti gli altri ritrattisti, anziché quella dell’effigiato portava nei ritratti la propria espressione fine, osservatrice, fredda, tagliente.
Roberto Longhi, Piero dei Franceschi e lo sviluppo della pittura veneziana, in “L’arte* 1913
Antonello sviluppò il problema della forma prospettica, applicandosi quasi essenzialmente all’attuazione della monumentalità prospettica della forma umana …
Ma che parte fare tuttavia al fondo psicologico fiammingo quasi inevitabile in Antonello? La spiegazione è appunto nel fatto che gli permetteva di sviluppare il senso di plasticità carnosa e di particolarismo caro ai fiamminghi. Van Eyck, l’artista che la tradizione ci afferma avere impressionato Antonello, era appunto giunto a una plasticità formale per cui il colorismo s’era ridotto a smalto e si era naturalmente avviato, quanto a soggetto, verso un accurato ritrattismo : anche Antonello si sentiva attratto verso la plasticità di quello smalto epidermico, e verso un accurato ritrattismo : ciò adunque lo distraeva dalla fusione avvenuta in Piero del senso plastico con il colore e con la luce, mentre d’altra parte il suo insegnamento prospettico nei riguardi della forma gli additava il modo di superare la plasticità illusoria dei van Eyck dotandola di volumi regolari, ideali, per mezzo dello squadro prospettico, e di potersi fermare sopra un particolare microscopico senza cadere nel realismo : col metterlo in prospettiva.
V. Scalia, Antonetlo da Messina e la pittura in Sicilia, 1914
La fantasia di Antonello, nelle due prime Crocefissioni [di Londra e di Firenze], non rifulse ma si dimostrò fiacchissima. Nel simbolo del Redentore morto, egli non seppe vedere che un uomo pendente dalla croce e non sospettò ciò che quel martirio nascondesse di profondo e di funesto. Egli non ardì fiorire di nessuna nota originale il motivo eterno e la sua tecnica fredda non riesce a commuoverci. Quello che manca al nostro Antonello è proprio ciò di cui la natura fornì larghissimamente Leonardo : il genio creatore.
… Dove la tecnica di Antonello trionfa in tutto il suo splendore e dove si mostrano tutte le sue facoltà attive senza che la povertà di immaginazione venga ad isterilire la forma, è nel ritratto …
… il suo nome, e dal lato storico, perché si riallaccia alla diffusione della pittura ad olio, e dal lato artistico, perché legato ad opere di tortissimo polso, occupa un posto degno nella storia dell’arte. La sapiente maestrìa del colore, la vigorosa tecnica del disegno, la grazia dell’insieme che sono le attrattive maggiori dei suoi quadri bastano a metterlo fra i più grandi, e la potenza dei suoi ritratti fra i primi.
Adolfo Venturi, Storia dell’arte italiana, 1915
Antonello, figlio di scultore, sentì fin dal principio la necessità di plasmare le imagini facendole balzare dal fondo schiette e forti. L’analisi fiamminga cedette il posto alla vigorosa sintesi italiana, la ricerca dell’autonomia a quella del volume, le forme gotiche alle nostre rinascenti. Egli serbò dei fiamminghi l’esattezza, lo scrupolo, non la minuzia, per la tendenza propria di rivaleggiar con la plastica e di architettar tutto, gli uomini e gli alberi, gli animali e le pietre. L’alleanza dell’arte con la scienza in Antonello fu più stretta da quando apparve Piero della Francesca al versatile pittore : allora la geometria e la prospettiva accrebbero in lui la forza di rendere la pienezza del volume dei corpi e l’ampiezza degli spazi avvivati da luce.
… Classico senza studiare i classici, come aveva fatto invece il Mantegna dominatore della regione veneta; diligente, esatto come uno di quei maestri fiamminghi dei quali risonava dappertutto la fama; luminoso talvolta come Piero della Francesca, a cui era ricorso anche Giambellino; potente per lo smalto dei suoi colori ad olio…
Enrico Mauceri, Antonello da Messina, 1923
Antonello … rappresenta il genio della razza. Egli è greco in tutto, nella sua più genuina natura, e palesa una di quelle spontanee, miracolose apparizioni, sulla scena del mondo, che contrassegnano gli esseri privilegiati, sulla cui fronte balena la carezza di Dio : genio della stirpe nostra, sintesi mirabile ; come Michelangelo e Leonardo comprendono in sé stessi la grandezza delle genti italiche, principalmente etrusche, così il pittore messinese abbraccia, nel suo largo amplesso, tutte le civiltà isolane, dai siculi ai greci, dagli arabi ai normanni, e rende il fiore delle bellezze secolari germogliate sotto il sole benedetto di Sicilia.
Adolfo Venturi, Grandi artisti italiani, 1925
Diciamo Antonello genio della pittura, ma sebbene avvolga nel vivido smalto dei suoi colori le forme possenti, egli è anzitutto un plastico, che anche della luce si vale, non come i fiamminghi ad animar di riflessi il morbido velluto dell’ombra, ma ad isolar dai fondi le sue geometriche architetture marmoree : esempio sublime la Vergine leggente di Palermo.
… precorrendo di più d’un secolo un genio che onorerà delle sue opere la nostra terra, Michelangelo da Caravaggio, il grande Siculo esalta il valore plastico della forma, ad essa convergendo la luce, strumento di sintesi nelle mani del potente costruttore.
Matteo Marangoni, Saper vedere, 1933
Dalle tornite membra del santo [il San Sebastiano di Dresda] — emulatrici della colonna vicina, vagheggiato simbolo stilistico — ai dadi perfetti delle architetture; dal pavimento-scacchiera alle figurette cristallizzate, ogni cosa è trasfigurata nella più alta visione di stile … Ed è proprio per così audace astrazione che l’alta spiritualità dell’eroe cristiano, la sua fede incrollabile, la sua forza morale, la sua calma superiore al dramma terreno si concretano nella perfezione ideale delle forme, immobili nella calma dei piani prospettici.
Roberto Papini, Interpretazione di Antonello (Discorso tenuto a Messina), 1939
… Celebrativo della grandezza di Antonello è il San Sebastiano. Ve di lui tutto : la potenza statuaria e l’ataraxia ellenica; la cilindrica circoscrizione delle forme e il valore del tono che quelle forme investe, non riveste; l’impressione fattagli dal Tura e dal Cossa negli aneddoti di Schifanoia e gli insegnamenti padovani del Mantegna che gli aveva rivelato la potenza emotiva dello scorcio, non solamente prospettico-architettonico; il senso nuovo dell’orizzonte abbassato per dar più posto al cielo; ed in quel cielo le nuvole umide, candide, cerulee, vaganti, come in quello spazio dilatato della terra le sfaccendate persone. Concorsero a comporre quest’opera i più diversi elementi e vi si fusero in un’armonia tanto perfetta che pochissime pitture sono, come questa, riassuntive di tutto lo spirito e la forma del Rinascimento …
… Antonello ha, nella progressione dei piani verso l’orizzonte, smorzato i toni e sfumato le forme in un sempre più pallido polverio atmosferico; ha insomma chiamato in aiuto della prospettiva lineare la prospettiva aerea. E qui è il culmine delle sue scoperte. Certo la prospettiva aerea non è invenzione di Antonello. Ma il modo di dipingere che egli aveva costituiva una tale preparazione da conferire all’applicazione nell’aria aperta un valore di stupefacente scoperta. Se ne accorgerà subito Giovanni Bellini e con lui tutta Venezia pittorica. Poiché Antonello possedeva il segreto di dipingere pulito e limpido come forse nessuno allora in Italia.
Ancora nel discorso del 1939
… Nel rigoroso impianto costruttivo e attraverso forme obiettivamente valide, Antonello persegue una serena armonia dell’assieme. La costruzione dello spazio e quella delle forme plastiche costituiscono il punto centrale della sua composizione. Le opere giovanili, ancora legate in modo essenziale alla tradizione fiamminga, raggiungono l’unità plastica, spaziale e figurativa certamente più attraverso un’atmosfera costruita con mezzi pittorici e intesa quale elemento di unità che non attraverso un vero impianto costruttivo, rispondente cioè alle leggi della prospettiva, anche se la Crocifissione [di Bucarest] e il San Gerolamo [di Londra] già preludono chiaramente a una trasformazione di alcuni elementi essenziali in tal senso. In queste opere, ancora strettamente legate alla tradizione fiamminga, paesaggio e spazio interno rivestono un ruolo preponderante. Con lo svolgersi della sua arte Antonello porrà la figura umana sempre più al centro della composizione, creando così un nuovo rapporto tra figura e spazio …
I grandi dipinti degli ultimi anni — la Pala di San Gassiano e il San Sebastiano di Dresda — presentano uno spazio che non solo è inscindibilmente legato alla figura, ma che solo esiste in funzione e in ragione di essa. Questa nuova importanza assunta dalla figura umana rivela una visione artistica che deve essere considerata italiana nel pieno senso della parola. Ciò implica anche un atteggiamento mutato e indipendente nei confronti dell’arte fiamminga, i cui caratteri fondamentali vengono in parte adottati dall’artista, ma in seguito a una scelta e in conformità alle sue personali predilezioni artistiche. Antonello giunge ad adottare in modo quasi esclusivo la presentazione a mezzo busto, più rispondente al suo intento di concentrare l’espressione e la forma plastica e alla sua ricerca di effetti monumentali …
Sempre nello stesso discorso
Un lungo percorso conduce da opere quali la Crocifissione di Sibiu [ora a Bucarest] e il San Gerolamo di Londra, al San Sebastiano di Dresda. È difficile a tutta prima, con un solo sguardo, comprendere la significativa unità che lega l’attività iniziale a quella estrema; ma chi cerchi di seguire gli esiti successivi del maestro, resterà ammirato dalla coerenza dello svolgimento che collega un’opera all’altra, in modo tale che le prime testimonianze artistiche racchiudono già in sé il germe di tutto ciò che porterà alla splendida fioritura finale. Le prime opere, con i paesaggi ricchi e gli interni pieni di luce e di aria, con l’intenso colore smaltato che si distende sulle superfici come una materia grassa, con la visione risultante dagli effetti del particolare pittorico, mostrano già tuttavia un senso della forma di timbro proprio, italiano nel significato più alto, che tende a un’unità più rigorosa superando tale particolarismo. La figura umana è collocata sempre più al centro della creazione artistica; subordinata dapprima allo spazio circostante, ne assume presto uguale significato, finché giunge a dominarlo.